lunedì 31 ottobre 2011

Una boccata d'ossigeno

Pubblicate sul sito di Big Bang, la convention fiorentina conclusasi ieri, le 100 proposte annunciate dal Sindaco Renzi. Date un'occhiata a Wiki-Pd.

domenica 30 ottobre 2011

L'irreparabile fuga del tempo


"Disteso sul lettuccio, fuori dell’alone del lume a petrolio, mentre fantasticava sulla propria vita, Giovanni Drogo invece fu preso improvvisamente dal sonno. E intanto, proprio quella notte – oh, se l’avesse saputo, forse non avrebbe avuto voglia di dormire – proprio quella notte cominciava per lui l’irreparabile fuga del tempo. Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c’è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l’orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l’impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa tempo a fissarlo che già precipita verso il fiume dell’orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l’una sull’altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare. Ma Giovanni Drogo in quel momento dormiva ignaro e sorrideva nel sonno come fanno i bambini. Passeranno dei giorni prima che Drogo capisca ciò che è successo. Sarà allora come un risveglio. Si guarderà attorno incredulo; poi sentirà un trepestio di passi sopraggiungenti alle spalle, vedrà la gente, risvegliatasi prima di lui, che corre affannosa e lo sorpassa per arrivare in anticipo. Sentirà il battito del tempo scandire avidamente la vita. Non più alle finestre si affacceranno ridenti figure, ma volti immobili e indifferenti. E se lui domanderà quanta strada rimane, loro faranno sì ancora cenno all’orizzonte, ma senza alcuna bontà e letizia. Intanto i compagni si perderanno di vista, qualcuno rimane indietro sfinito, un altro è fuggito innanzi, oramai non è più che un minuscolo punto all’orizzonte. Dietro quel fiume – dirà la gente – ancora dieci chilometri e sarai arrivato. Invece non è mai finita, le giornate si fanno sempre più brevi, i compagni di viaggio più radi, alle finestre stanno apatiche figure pallide che scuotono il capo. Fino a che Drogo rimarrà completamente solo e all’orizzonte ecco la striscia di uno smisurato mare immobile, colore di piombo. Oramai sarà stanco, le case lungo la via avranno quasi tutte le finestre chiuse e le rare persone visibili gli risponderanno con un gesto sconsolato: il buono era indietro, molto indietro e lui ci è passato davanti senza sapere. Oh, è troppo tardi ormai per ritornare, dietro a lui si amplia il rombo della moltitudine che lo segue, sospinta dalla stessa illusione, ma ancora invisibile sulla bianca strada deserta. Giovanni Drogo adesso dorme nell’interno della terza ridotta. Egli sogna e sorride. Per le ultime volte vengono a lui nella notte le dolci immagini di un mondo completamente felice. Guai se potesse vedere se stesso, come sarà un giorno, là dove la strada finisce, fermo sulla riva del mare di piombo, sotto un cielo grigio e uniforme, e intorno né una casa né un uomo né un albero, neanche un filo d’erba, tutto così da immemorabile tempo." ("Il deserto dei Tartari", Dino Buzzati)

martedì 25 ottobre 2011

Chi festeggerà il 17 Marzo?


Ripropongo su questo nuovo blog un articolo che ho scritto lo scorso Marzo in occasione delle celebrazioni per l'anniversario dell'unità d'Italia

Chi festeggerà il 17 Marzo?

“Questa improvvisa e momentanea fierezza di essere italiani”. E’ stata l’accusa provocatoria di un amico a svegliarmi dal torpore e a rimettere tutto in discussione. Liquidarla come una banalità non era possibile, non si trattava di un’affermazione poi tanto lontana dalla verità. E’ vero, siamo italiani solo nelle azzurre notti di Berlino o quando L’Aquila chiama. Bravissimi a discutere della proprietà della Gioconda e sempre pronti a infervorarci per le futili provocazioni di Bossi. Uno stupendo orgoglio italiano. A spizzico. A chi vogliamo darla a bere? Non siamo un popolo patriottico, non ci riconosciamo in questo Paese, non crediamo nel suo presente, tantomeno nel suo futuro. Chi festeggerà il 17 Marzo?
Le cause di questa triste situazione sono diverse. Aspetto imprescindibile per qualsiasi riflessione è la condizione di Paese giovane, con una breve memoria storica e a stento consapevole della propria condizione. Centocinquant’anni sono relativamente pochi, al confronto con la Francia, l’Inghilterra, la Spagna. Se si considera inoltre che solo dopo il boom economico la nostra nazione si è potuta sedere a testa alta al tavolo dei Grandi, l’Italia a questo punto appare una neonata. E’ stata necessaria la Resistenza per unire gli Italiani: attraverso le durezze della clandestinità, mettendo in gioco le loro vite per un ideale comune, per un domani libero e migliore per il proprio Paese, i giovani partigiani si sono sentiti davvero uniti sotto una bandiera comune. Tutto questo, però, accadeva solo mezzo secolo fa.
Il contesto internazionale non contribuisce al raggiungimento di una coesione interna. Le spinte secessioniste che soffiano in Europa, complici il tempo di ristrettezze economiche, gli stravolgimenti globali e i flussi migratori, trovano terreno fertile nel campanilismo della Penisola. Mai come oggi i localismi italici sono tanto forti e assordanti.
 Si tratta di una pessima combinazione di fattori, cui va purtroppo ad aggiungersi una tipica cifra nostrana. La tendenza all’autocommiserazione, il piangersi addosso dell’Italietta, che tanto ama essere derisa e suscitare la compassione altrui. E’ un atteggiamento rassicurante, che evita il confronto con le grandi sfide del terzo millennio.
 Essere patriottici non è cool. E’ più pratico recitare il mantra della sfiducia e sbeffeggiare ironicamente il Paese. Atteggiamento frutto di un anticonformismo da discount, del voler essere necessariamente contro. Uno stile che può anche risultare originale e creativo, ma divenuto fine a se stesso, non può che suonare velleitario e sterile.
 In fondo la grande Italia ha paura di sentirsi tale. E’ un timore viscerale, istintivo e inconsapevole verso l’attaccamento alla bandiera. Memore del proprio passato, il popolo italiano non ha dimenticato l’ultima volta in cui si è infiammato per la sua grandezza, e la conclusione di quel periodo a Piazzale Loreto. Una tale ferita non si è ancora rimarginata. Chi espone il tricolore, difficilmente riesce a evitare la silenziosa condanna sommaria di fascista.
 Tuttavia festeggiare l’Italia non significa esaltarla perché migliore di altri, né può ridursi a un tronfio patriottismo pallonaro. Significa molto di più: ricordare la grandiosa e simbolica impresa che è stata la lotta per l’unità, celebrare il nostro storico millenario passato, ma soprattutto riconoscere la Nazione come la culla della nostra identità, come protettrice della nostra cultura, come portavoce dei nostri valori in Europa e nel Mondo.
Siamo stati capaci di grandi cose. Quanto dista il giro di boa per ricominciare ad esserlo?

Work in progress

La bozza del Dl sviluppo

Una risata ci seppellirà?

Il Presidente del Consiglio non è credibile. Assodato.
Siamo in una situazione pessima, come paese. Indiscutibile.
Se l'Italia cade, l'Europa ne risentirà pesantemente e quindi le pressioni straniere sono fondate. Anche questo è incontrovertibile.

Ma da qui, ad essere presi in giro ce ne passa: non è questione di essere berlusconiani o meno, per una volta la distinzione tra Italia e Governo va fatta. E invece il ragionamento sotterraneo, che ho sentito in questi giorni è che in fondo Sarkozy e la Merkel hanno ragione a ridere della situazione. Che sotto sotto ce lo meritiamo. Balle. 

Come se la situazione francese fosse tanto più rosea della nostra. Siamo tutti in ballo oggi in Europa, un po' più di serietà e diplomazia sarebbe auspicabile. La marcia indietro di Berlino è una decisione apprezzata.



Stavolta sono più condivisibili le dichiarazioni del Presidente, che altre esternazioni giornalistiche. 

sabato 22 ottobre 2011

Via dall'Iraq, sul serio






The White House, Washington
Good evening,
I'm writing to tell you that all US troops will return home from Iraq by the end of December. After nearly nine years, the American war in Iraq will end. Our servicemen and women will be with their families for the holidays.
The war in Iraq came with tremendous cost. More than a million Americans served in Iraq, and nearly 4,500 gave their lives in service to the rest of us. Today, as always, we honor these patriots.
When I came into office, I pledged to bring the war in Iraq to a responsible end. As Commander in Chief, I ended our combat mission last year and pledged to keep our commitment to remove all our troops by the end of 2011. To date, we’ve removed more than 100,000 troops from Iraq.
This is a significant moment in our history. For more information, including video, please visit WhiteHouse.gov/BringingTroopsHome.

The end of the war in Iraq reflects a larger trend. The wars of the past decade are drawing to a close.
As we have removed troops from Iraq, we have refocused our fight against al Qaeda and secured major victories in taking out its leadership–including Osama bin Laden. And we’ve begun a transition in Afghanistan.
On the first day of my Administration, roughly 180,000 troops were deployed in Iraq and Afghanistan. By the end of this year that number will be cut in half, and we’ll continue to draw it down.
As we welcome home our newest veterans, we’ll enlist their talents in meeting our greatest challenges as a nation—restoring our economic strength at home. Because after a decade of war, the nation that we need to build is our own.
Today the United States moves forward, from a position of strength. 
Thank you,
President Barack Obama




The White House • 1600 Pennsylvania Ave NW • Washington, DC 20500 •             202-456-1111       
L'annuncio del Presidente,  riportato sul sito della Casa Bianca. 

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