martedì 16 ottobre 2012

"Dove cazzo eravate negli ultimi 10 anni?"


Credo che non ci metterà molto a diventare virale, l'ultimo articolo a firma di Paolo Villaggio. Si parla di vecchi, della generazione che ha ricostruito l'Italia, dei tempi andati e delle mezze stagioni, e dei giovani smidollati di oggi, che non sono in grado di badare a se stessi.
E giù coi luoghi comuni.  Di carne al fuoco ce n'è.
"Una domanda: quando siete subentrati voi che incolpate gli "altri" in generale, che vi lamentate sempre in un italiano perfetto, che organizzate tutti i sabati cortei simili al triste carnevale di Rio, dove cazzo eravate negli ultimi 10 anni! Voi dite: "Adesso è più difficile, è molto più difficile!"
Per ora trovate la versione integrale qui.
Sono l'unico a ritenere questo discorso di una superficialità deprimente? Lo spot del vecchietto a tavola coi nipoti la domenica. "Eh, ai miei tempi. Questi giovani d'oggi..." Non ha molto senso comparare due periodi, due contesti, due generazioni completamente differenti. Riconosco il merito immenso di quella generazione che sulla propria pelle ha vissuto insieme la guerra e la fatica della ricostruzione, che ha gettato le basi del paese che siamo. Però queste sparate da vecchio incarognito, da quanto si stava meglio quando si stava peggio e come eravamo bravi noi, sono qualunquiste e sterili. Buone per un comico, al più. E lo dico con tutto il rispetto che nutro per Villaggio. Noi ventenni siamo nel pieno di una crisi i cui precedenti storici anche l'idolotrata generazione anni 30-40 è troppo giovane per ricordare. La assoluta assenza di prospettive è incomparabile con le praterie offerte dalla ricostruzione postbellica. Allora davvero bastava rimboccarsi le maniche per trovarsi un lavoro, costruirsi una casa, un futuro.
E poi scusate: ma davvero vogliamo paragonare gli anni 50 e il piano Marshall con il periodo di drastica riduzione della spesa pubblica di oggi? Hai voglia a dire "quanto siamo stati in gamba a creare ricchezza".
E se facciamo tagli è per rientrare da un debito di cui noi certo non abbiamo beneficiato. Un debito che magari è invece servito per finanziare le pensioni proprio di quella generazione tanto osannata, che di contributi poteva versarne ben pochi. Eppure è stato giusto così, è servito a mantenere unito e funzionante il paese. Solo una cosa si chiede, non si rinfacci ora a noi la colpa per quello che abbiamo ereditato. Ci avevano promesso le magnifiche sorti progressive. Scoprire all'improvviso che non è così, assorbire il colpo e guardare avanti senza lasciare dissolvere il tessuto del paese, non è cosa da poco.


In fondo però non ha neanche senso iniziare questa gara tra vecchi e giovani. Lasciamo queste cose allo stadio.

O meglio, alle ruspe del cantiere dietro la bocciofila.

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